29 dicembre 2006

buon 2007




abbiamo tanta strada da fare
guerre da fermare
gente da sfamare
migranti da aiutare
invisibili da far vedere

abbiamo tanta strada da fare
boschi da salvare
cemento da fermare

abbiamo tanta strada da fare
bambini da far ridere
grandi da far pensare

abbiamo tanta strada da fare
politici da educare

26 dicembre 2006

viaggiatori

Sto veramente bene solo quando sono in viaggio.
Il viaggio rigenera.
Il viaggio insegna il rispetto per gli altri.
Il viaggio da sicurezza.
Il viaggio da libertà.
Il viaggio da conoscenza di se stessi.
Il viaggio su due ruote poi è davvero il massimo, da provare almeno una volta nella vita.
Vorrei come te, Giorgio, trovarmi in sella alla Vespa e andare libero come il vento affrontare deserti sconfinati, città ingarbugliate, incontrare genti diverse.
Buon viaggio a te e a tutti i liberi viaggiatori di questo mondo




Giorgio Bettinelli in Cina

Etichette:


24 dicembre 2006

buone feste









BUONE FESTE

a chi non crede perchè sa che la vita è una ed anche a chi nonostante tutto crede ancora in Dio



IMMAGINA di Jhon Lennon

Immagina non ci sia il Paradiso
prova, è facile
Nessun inferno sotto i piedi
Sopra di noi solo il Cielo
Immagina che la gente
viva al presente...

Immagina non ci siano paesi
non è difficile
Niente per cui uccidere e morire
e nessuna religione
Immagina che tutti
vivano la loro vita in pace..

Puoi dire che sono un sognatore
ma non sono il solo
Spero che ti unirai anche tu un giorno
e che il mondo diventi uno...

Immagina un mondo senza possessi
mi chiedo se ci riesci
senza necessità di avidità o rabbia
La fratellanza tra gli uomini
Immagina tutta le gente
condividere il mondo intero...

10 dicembre 2006

Troppe complicità per chi ha tradito un paese di LUIS SEPULVEDA




Era notte a Puerto Natales, alloggiavo presso una famiglia che affittava le camere a turisti fuori dalla norma come me, quel soggiorno riscaldato da una stufa a legna era un'incrocio di genti d'ogni luogo, un ragazzo argentino parlava del suo paese e quando mi vide iniziò a parlare dell'Italia.
Disse che aveva origini italiane, chissà forse i nonni, i genitori, quelli veri che non aveva mai conosciuto, un'irregolare, strappato da mani assassine a genitori finiti nel Mar del Plata, questo avveniva negli anni settanta in uno degli angoli più belli del mondo, il Cono Sur, questo avveniva in Argentina e Cile.
Non ricordo il suo nome, ma ricordo la faccia della padrona di casa e di suo marito, ricordo le loro imprecazioni contro Pinochet e i suoi cugini argentini, ricordo la faccia stralunata degli altri ospiti, a me vennero in mente le parole di Primo Levi "questo è stato"

adesso alzo un calice, brindo anche a tuo nome.

Sarò cattivo, crudele, ma stavolta brindo alla morte di un uomo, se così può essere considerato un tiranno come Augusto Pinochet, brindo insieme a Luis Sepulveda, a Vittorio Gasmann, Pablo Neruda Victor Jara e a tutti coloro che sono state vittime della dittatura fascista.
Brindo perchè ho conosciuto in Cile persone che mi hanno raccontato cos'era la vita nelle lande sconfinate e fredde della Patagonia sotto la sua dittatura, oltre al freddo alla fame c'era la paura e la solitudine di un popolo in catene, brindo al suono di Salvador canzone dedicata dai Nomadi a Salvadro Allende, legittimo presidente del Cile, morto in difesa della democrazia e del popolo cileno

da www.repubblica.it

Troppe complicità per chi ha tradito un paese
di LUIS SEPULVEDA

Sono chiuso in casa da tre settimane per terminare un romanzo, senz'altra compagnia se non quella del mio cane Zarko e del mare, felice tra i miei personaggi, ma dalle prime ore di domenica, ho cominciato a ricevere delle telefonate dei miei amici e amiche del Cile.

"Prepara i calici", mi dicono dal mio lontano paese. Ho pronta una bottiglia di Dom Perignon in frigorifero. È un riserva speciale e me la regalò a questo fine il mio caro amico Vittorio Gassman una sera a Trieste. "Spero che la berremo insieme", mi disse in quell'occasione e sarà così, perché a casa mia c'è un calice che porta inciso il suo nome.

Alla radio, una voce dice che il tiranno sta davvero male e che, a quanto pare, stavolta la Parca se lo porterà all'inferno degli indegni, anche se noi cileni non ci fidiamo mai delle repentine malattie che lo colpiscono ogni volta che deve affrontare la giustizia.

Vorrei essere in Cile tra i miei cari e condividere con loro la spumeggiante allegria di sapere che finalmente finisce l'odiosa presenza del vile che ha mutilato le nostre vite, che ci ha riempito di assenze e di cicatrici. Pinochet non solo ha tradito il legittimo governo guidato da Salvador Allende, ha tradito un modello di paese e una tradizione democratica che era il nostro orgoglio, ma in più ha tradito anche i suoi stessi compagni d'armi negando che gli ordini di assassinare, torturare e far scomparire migliaia di cileni li dava lui personalmente, giorno dopo giorno. E come se non bastasse, ha tradito i suoi seguaci della destra cilena rubando a dismisura e arricchendosi insieme al suo mafioso clan familiare.

L'ex dittatore paraguayano, Alfredo Stroessner, è morto poco tempo fa nel suo esilio brasiliano, pazzo come un cavallo, dichiarando persone non gradite in Paraguay cento persone al giorno i cui nomi estraeva dall'elenco del telefono di Sau Paulo. Pinochet, invece, muore simulando una follia che gli permette fino all'ultimo minuto di fare assegni e transazioni internazionali per nascondere la fortuna che ha rubato ai cileni. Muore amministrando il suo bottino di guerra con la complicità di una giustizia cilena sospettosamente lenta.

Smette di respirare un'aria che non gli appartiene, di abitare in un paese che non merita, tra cittadini che per lui non provano altro che schifo e disprezzo. Ma muore, e questo è quello che importa. La sua immagine prepotente di "Capitán General Benemérito", titolo di ridicola magniloquenza che si autoconcesse, svanisce nella figura dell'anziano ladro che nasconde il suo ultimo furto tra i cuscini della sedia a rotelle. Ma muore, e questo è quello che importa.

Prima di tornare al mio romanzo, apro il frigorifero e palpo il freddo della bottiglia. Poi dispongo i calici con i nomi dei miei amici che non ci sono, dei miei fratelli che difesero La Moneda, di quelli che passarono nei labirinti dell'orrore e non parlarono, di quelli che crebbero nell'esilio, di quelli che fecero tutte le battaglie fino a sconfiggere il miserabile che ha gettato un'ombra sulla nostra vita per sedici anni ma non ci ha tolto la luce dei nostri diritti. Con tutti loro brinderò con gioia alla morte del tiranno.
(traduzione di Luis E. Moriones)

(4 dicembre 2006)

07 dicembre 2006

E il celerino fece l'occhiolino a Sasa ... di Christian



Ricevo una lettera da Christian che lavora nel campo Roma di Villa Gordiani e conosceva Sasha e Liuba:



"Sa sa", come lo chiamavano alcuni ai tornei di
pallone. O "Sale", come erano soliti chiamarlo i
parenti e gli amici più stretti.
E' difficile descrivere il dolore che si prova in
queste circostanze. Ogni strada, ogni angolo intorno
al campo mi ricorda un momento di vita passato con
lui.
Non me lo scordo Sale, sin dalla prima volta che l'ho
visto, al Campidoglio nel dicembre del '99, a una
manifestazione per il diritto alla casa.
Pedalava la sua bici, aveva 9 anni.
L'ho visto crescere, nel corso di sette lunghi anni.
Me lo ricordo in piscina, al mare, allo stadio, a casa
mia, a casa sua, nel vecchio campo con le baracche e i
topi, il giorno dell'incendio nel marzo 2002.

Qualche mese fa, poco prima delle elezioni, avevamo
organizzato un mini sondaggio al campo. Per vedere
come avrebbero votato, se ne avessero avuto il
diritto, i rom di via dei Gordiani.
Sale ha voluto partecipare al sondaggio, pur essendo
minorenne. Se la maggiornaza delle persone rispondeva
genericamente "Prodi" o "sinistra", lui aveva le idee
ben chiare: "o Rifondazione comunista o Comunisti
italiani".

Suonava la batteria, era molto forte a pallone, era
tifoso della Roma.
Gli amici della curva se lo ricordano. L'ho portato
più volte con me allo stadio, aveva 11 anni. Si
metteva sulle mie spalle a guardare la partita, perchè
in curva si sta in piedi e lui, piccolino, tra tifo
braccia alazate bandiere al vento e fumoni non avrebbe
visto niente. Entrava con gli abbonamenti di miei
compagni di stadio che di volta in volta saltavano la
partita per impegni o altro. Era diventato la mascotte
del gruppo.
Eravamo un centinaio di persone. Frequentavo la curva
sud dal 1991 e avevo militato nel Commando ultrà curva
sud, uno dei gruppi ultras più conosciuti e rispettati
d'Italia. Nel '99 l'esperienza finì, il Cucs fu poco a
poco sopraffatto dai cambiamenti del calcio e della
curva stessa. Loschi figuri con lame alla mano,
accompagnati da gente mai vista allo stadio, portarono
a compimento il processo di riflusso cacciandoci via e
prendendosi lo storico muretto dove veniva ad ogni
partita attaccato il nostro striscione. Il Commando
usciva di scena dopo 22 anni di storia, dal gennaio
del '77. Restammo in curva come gruppo di amici.
A Sale lo spirito comunitario del mio gruppo da stadio
piaceva, ci si ritrovava, si sentiva protetto, come
tutti noi.

Non sono stato il primo a portare fanciulli allo
stadio. Ho preso spunto da "Paperino", della vecchia
guardia del Cucs, che era solito portare in curva
ragazzini di borgata che allenava a pallone durante la
settimana. Perchè la politica - quella dal basso, non
quella dei palazzi - ha tanti linguaggi, si esprime in
mille forme diverse. E l'una non è necessariamente più
nobile o più efficace dell'altra. Spesso si fa
politica e neanche se ne è consapevoli. Con tanti
piccoli grandi gesti quotidiani. Sono le forme più
belle della "politica". Che, vorrei ricordarlo, non è
altro che l'arte di cambiare il mondo.
Il primo impatto con lo stadio non si scorda mai. E'
come il primo amore. Gli occhi di un bambino che sale
le scale di corsa e si affaccia sugli spalti per la
prima volta sono indescrivibili.

A dare l'abbonamento a Sale era quasi sempre un
ragazzo da poco avvicinatosi al gruppo. Mi colpiva
perchè partecipava ai cortei di Forza nuova. Lui mi
raccontava della sua militanza neofascista, e io delle
lotte per il diritto alla casa dei rom, del loro
sforzo per la convivenza con il quartiere, per
respingere ogni sintomo di razzismo nei loro
confronti.
Con gli anni è diventato un compagno, addirittura un
militante, vicino ai Disobbedienti.

Lo stadio cambiava, dicevo. All'involuzione si
affiancava la sempre più asfissiante blindatura. Forze
del cosiddetto ordine, con caschi manganelli scudi,
spara lacrimogeni al cs, circondavano la curva.
La tensione era a volte palpabile.
Portavo Sale alle partite che sapevo essere
tranquille.
Per me era come un angelo custode. Il celerino di
turno, invece di perquisirmi come al solito, mi faceva
passare, facendo un occhiolino a "Sa sa", che
ricambiava con un sorriso!

Mi viene in mente l'immagine di una anziana signora
con sciarpa giallorossa, prima di un derby in notturna
di qualche anno fa, tesissimo, con elicotteri che
volteggiano a bassa quota, cancelli chiusi e celerini
in assetto da guerra. La signora si mette a
distribuire caramelle ai celerini, che accettano e
ringraziano.

E' come il Giubileo dei migranti del 2000, i celerini
hanno caricato e ci minacciano, sotto a S.Pietro. I
migranti hanno sfilato in corteo nonostante il
divieto. Un poliziotto si leva il casco, si stacca dal
cordone e viene a parlarci. Alla fine offrirà un caffè
al bar.

Sale in un certo senso è stato ucciso. La sua famiglia
è presente in Italia da 30 anni. Qualcuno ha ancora il
coraggio di definire la sua comunità come "nomade".
In 30 anni la famiglia di Sasa (e non Sasha) non è
riuscita ad ottenere una casa. In base alla
finanziaria non ancora approvata l'Italia spenderà il
prossimo anno 21 miliardi di euro in armamenti e
missioni militari, con un incremento dell'11% rispetto
al precedente governo di centro destra.
Solo a Roma vi sono 15.000 appartamenti sfitti,
ostaggi della speculazione immobiliare.
In tutto ciò Sale era costretto in un container, senza
termosifoni, senza un adeguato impianto anti incendio.
Il fumo che ha sprigionato il container in fiamme era
tossico, fa prima svenire e poi morire.
Tutto ciò è una vergogna. E in un certo senso un
crimine.

Trenta anni in Italia insomma. Pochi sanno che vicino
alla borgata Gordiani, al Quarticciolo, negli anni '80
un certo Paolo Di Canio, allora ragazzino, tirava i
primi calci al pallone. E indovinate con chi?
Con quegli abitanti del campo che oggi sono padri di
famiglia e al tempo erano bambini.
Raccontano che Di Canio era sempre senza una lira e a
fine partita gli offrivano la Coca Cola ...
Mi viene in mente ciò che è accaduto nell'estate del
2005, con Forza nuova che prova a marciare per
Centocelle. I compagni organizzano la caccia al
fascio. Uno di loro, insanguinato, finisce nel campo
di via dei Gordiani. I rom lo scambiano per un
"rumeno" e lo curano.
E' come un magico ribaltamento o ridimensionamento
degli schemi, un perpetuo carnevale, con rovesiamento
o messa in discussione dei ruoli. Mettere a nudo il
ridicolo.
Credo sia una delle cose più belle che i rom mi hanno
insegnato.

Sale e Lilli, sorella di un mio caro amico, secondo
molti la più bella e dolce ragazza del campo.
Lilli, all'anagrafe Ljuba. Anche di lei ho tanti
ricordi.
Non credo che me li scorderò.


Christian Picucci

06 dicembre 2006


si fa presto a dire SINISTRA.
ma dichiararsi "di sinistra" significa solo fare una dichiarazione di voto o fare una scelta che va oltre la normale scelta politico-elettorale?
Dirsi "di sinistra" non potrebbe significare anche scegliere comportamenti stili di vita "sostenibili"?
Dirsi "di sinistra" no dovrebbe significare rispetto per gli altri?
Oppure è solo una scelta di convenienza ? tipo "la sinistra mi difende"
e poi dire "si ma tutti 'sti marocchini hanno rotto... 'sti zingari... e pure 'sti pacifisti ... "
e già perchè molti elettori "di sinistra" alla fine stringendo stringendo dicono praticano e pensano le stesse cose di quelli di destra.

Etichette:


04 dicembre 2006

Liuba e Sasha
















foto da epolisroma

Quante volte l'abbiamo sentita questa frase "i zingari tutti al rogo!!"
spesso, l'abbiamo sentita tante, troppe, volte. E adesso qualcuno sarà contento, due ragazzi rom di sedici e diciassette anni morti carbonizzati nel container dove abitavano nel campo di Villa Gordiani.
Un container non è una casa mettiamocelo in testa, se lo mettano in testa anche gli assessori, i presidenti di municipio, il sindaco, il prefetto e via di seguito, un container è una sistemazione di fortuna, si usano in caso di emergenza, di calamità naturale, per i nomadi no è una soluzione ottimale. Perchè? semplice i nomadi vivono in eterna emergenza, sono un emergenza e sull'emergenza si sa si costruice un'economia.
associazioni, gruppi assistenziali ecc ecc laici e cattolici, si finanziano progetti, si realizzano campi di sosta, SOSTAAA!!!
ma quale sosta? qui si parla di ragazzi nati e cresciuti in Italia che una volta compiuti i diciotto anni divengono clandestini.
ecco cosa riporta il quotidiano Epolis

«I ragazzi
che vivono qui sono nati tutti in
Italia - spiega Piero Frontoni,
assessore al VI° municipio - nonostante
questo, non hanno la
cittadinanza italiana. Al compimento
del 18esimo anno, una
volta maggiorenni, diventano
clandestini e, se non percepiscono
almeno 8mila euro di
reddito l’anno, non possono ottenere
il permesso di soggiorno
». Non poteva ottenerlo neppure
Sasha, la vittima, la cui vita
si è fermata a 16 anni, che di
euro ne guadagnava soltanto
6mila, facendo il custode nel vicino
campo di calcio del S.Lorenzo,
quello dove si allenava la
Cisco Roma agli esordi. Uno dei
pochi che aveva tentato di sfuggire
al destino del campo.

e se vogliamo cercare responsabilità politiche le troviamo eccome sia a destra che a "sinistra"
sempre da Epolisroma:

Quello di ieri
non è stato il primo rogo nel
campo di via dei Gordiani. Un
altro incendio l’aveva colpito
nel 2003 quando ancora c’e ra -
no le baracche e le vecchie roulotte:
fortunatamente scoppiò
di pomeriggio e non fece vittime.
Uno scherzo del destino per
il campo per il quale, pochi anni
prima, era pronto un progetto
per la realizzazione di un villaggio.
Con piccole case che si affacciavano
su un cortile interno,
diviso in settori con il nome
degli elementi: il sole, il vento.
Il Coordinamento che sosteneva
il progetto dell’allora assessore
regionale, Salvatore Bonadonna,
denunciò l’os truzionismo
di Rutelli, sindaco di Roma
a quei tempi fino a che la nuova
giunta Storace affossò l’esperimento.
Oggi la situazione è un
po’ più dignitosa anche se il ministro
dell’Interno, Giuliano
Amato, quando visitò il campo
lo scorso 15 agosto, lo definì la
tappa più difficile del tradizionale
giro di Ferragosto. Parlò
del problema degli apolidi. Un
ragazzo si fece avanti, denunciò
il suo caso. Tanta audacia costò
cara al ragazzo che pochi giorni
dopo fu prelevato come clandestino,
rinchiuso nel Cpt di Ponte
Galeria e liberato solo dopo
gli appelli di istituzioni, associazioni,
del sindaco Veltroni e
dello stesso Amato.

una tappa difficile nel ferragosto romano per il ministro che ancora non ha chiuso neppure un CPT.

Sasha e Liuba si erano sposati da poco, c'era stata una gran festa al campo, non li conoscevo ma avrei potuto conoscerli perchè due miei amici, Cristian e Silvio, frequentano quel campo portando aiuto concreto a quella gente, mi avevano parlato di quel matrimonio dove mancava un fotografo, se l'avessi saauto sarei andato e avrei adesso le loro foto, come quelle di Miguel il ragazzo del Mojoca, che ho conosciuto durante il mio viaggio in Guatemala, ucciso da uno squadrone della morte nelle strade di Città del Guatemala.

Forse meglio così meglio per me non averli conosciuti

Spero che qualcuno la mattina mentre stringe il nodo alla cravatta senta il peso di quel nodo che sia stretto come un macigno in modo da fargli pensare alla sua politica dell'indifferenza che ha segnato il suo mandato da sindaco di questa città

Addio Sasha e Liuba

non rileggo e pubblico

03 dicembre 2006

coi loro occhi



la realtà vista con gli occhi dei ragazzi di strada di Città del Guatemala.
Ho portato cone me dieci macchine usa e getta, e poi ne ho dovute comprare altrettante, le ho date ai ragazzi che si sono trasformati in reporter fotografando la loro città con lo sguardo di chi vive ai margini, uno sguardo obliquo, direbbe un noto critico d'arte, uno sguardo senza pregiudizio, senza filtro come tabacco avvolto da una cartina.
Hanno fotografato tutto, se stessi, gli amci, le persone, il mercato, le fermate dell'autobus, i negozi dietro le sbarre, i loro coetanei più fortunati, che festeggiano l'anniversario del collegio, mi hanno regalato una visone limpida insegnandomi a guardare la fotografia in un altro modo.

I cori disgustosi dei carabinieri a Genova vi indignano come le grida su Nassiriya?

da www.liberazione.it

di Giuliano Giuliani

“Benvenuto tra gli assassini”, “ciao killer”, “morte sua vita mia”, e poi una bella canzoncina su Carlo, non è difficile immaginarne contenuto e ispirazione. Non è una visita al museo degli orrori, è l’accoglienza festosa ( e lugubre) che i colleghi hanno riservato a Mario Placanica al suo rientro in caserma, dopo che era stato ucciso Carlo Giuliani e a lui - Placanica - era stata attribuita la responsabilità. E’ Placanica stesso ad averlo ricordato nell’intervista rilasciata a ”Calabria Ora”, e lo ha ripetuto anche in diretta televisiva. Non si capisce perché avrebbe dovuto inventarselo. D’altra parte le frasi non sono molto diverse da quelle che, come riferirono le cronache di allora, furono costretti ad ascoltare i cittadini genovesi residenti alla Foce, di fronte all’acquartieramento dei carabinieri chiamati a Genova a difendere l’ordine pubblico. Ma una differenza c’è: oggi le ricorda un ex carabiniere.
Sono espressioni disgustose, denunciano un clima bestiale, inaccettabile. Non posso sottrarmi a un paragone. Qualche giorno fa, a Roma, alcuni individui gridano uno slogan orribile, truculento: 10, 100, 1000 Nassiriya. Giustamente si leva un coro unanime di indignazione, un coro bipartisan di sdegno e di condanna. Scende in capo anche il capo dello Stato. Sto aspettando pazientemente che qualche voce si levi forte e chiara, con la stessa indignazione, con lo stesso sdegno. Perché identicamente disgustose sono le parole che hanno accolto Placanica al suo rientro, identicamente inaccettabili. Con l’aggravante che sono state pronunciate da individui in divisa.
Chissà se si vorrà chiedere conto agli ufficiali sulla piazza, suoi superiori diretti, che, stando alle dichiarazioni di Placanica, sparano i lacrimogeni in faccia ai manifestanti (“io li sparavo a parabola, come mi hanno insegnato”, dice Placanica) o picchiano a sangue chi compie il reato di aver in mano una macchina fotografica (si è visto a che cosa possono servire le fotografie). Comportamenti da ordine pubblico o inaccettabili abusi di potere ed esercizio abusivo dei propri compiti?
Dall’opposizione, ma anche dall’interno dell’Unione, si levano strepiti quando si chiede il rispetto del programma e la costituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sui fatti di Genova che accerti le responsabilità politiche e della catena di comando. Dicono che non si possono processare le forze dell’ordine. Che sciocchezza! La grande maggioranza delle forze dell’ordine, composta da persone che svolgono con dignità e onorabilità il loro difficile compito, può solo desiderare che le cosiddette “mele marce” vengano individuate e messe nella condizione di non nuocere più al buon nome di polizia, guardia di finanza, carabinieri e polizia penitenziaria. Ma se continua questa intollerabile impunità verso comportamenti che sconfinano in atti delinquenziali, come si potrà ottenere da parte della società civile quel pieno riconoscimento valoriale della delicatissima funzione svolta, che è tra i fondamenti della democrazia?
Leggo che alte autorità dello Stato dichiarano che su Genova si sa già tutto, la Commissione non serve, c’era già stato un comitato d’indagine. No, per favore. Andiamo a rileggerci le carte. Ascoltiamo le testimonianze che le vittime della Diaz e di Bolzaneto riportano con indicibile sofferenza nei processi in corso (processi che si concluderanno, così purtroppo si commenta, con prescrizioni e nulla di fatto). Leggiamo le invenzioni scandalose dei periti, avallate da PM e GIP, sui proiettili che intercettano i sassi che volano, e guardiamo l’ingrandimento del filmato che mostra la posizione della pistola. Bastano pochi secondi, il tempo lo si può trovare facilmente, nulla in confronto al tempo della democrazia che la Commissione d’inchiesta deve salvaguardare.
Giuliano Giuliani (venerdì 1 dicembre)

01 dicembre 2006

il manifestante veste prada


2 dicembre manifestazione della destra
ma scendere in piazza per difendere dei privilegi è un diritto o un insulto?

scendono in piazza, caleranno su Roma in mastodontici SUV o in pulman come poveri manifestanti?
Si sa di certo che scendono in piazza contro l'odio sociale seminato dalla sinistra, contro l'invidia sociale dei più sfortunati verso i ricchi, esempio per la nazione, contro le tasse, contro ogni cosa che limita loro la libertà di sfruttare il prossimo.

C'E' UNA GROSSA DIFFERENZA TRA CHI SCENDE IN PIAZZA PER CHIEDERE GIUSTIZIA E PACE E CHI INVECE VUOLE DIFENDERE I PROPRI PRIVILEGI.

i giornalisti e i fotografi che vorranno accedere alla piazza dovranno indossare il braccialetto azzurro con la scritta "Contro il governo delle tasse, per la libertà
vedi su www.corriere.it clicca sul titolo del post
davvero democratici questi organizzatori

Etichette:


This page is powered by Blogger. Isn't yours?


Heracleum blog & web tools
www.flickr.com
:-:claudiotesta:-:'s photos More of :-:claudiotesta:-:'s photos
www.flickr.com
:-:coloremaya:-:'s photos More of :-:coloremaya:-:'s photos